Nel momento in cui inizio a scrivere questo post guardo con rammarico a sei anni di autentica passione e a una grande occasione sprecata. Non siamo riusciti a concretizzare la speranza di tanti malati che avevano riposto fiducia nella nostra ricerca e sicuramente non per nostra volontà o demerito. Forse sarebbe stato necessario uno sforzo maggiore da parte di tutti i medici intervenuti in questa rissosa vicenda, ossia una maggiore concretezza nel dissipare i contrasti nella logica della semplice evidenza. E di evidenze sulla CCSVI ne abbiamo prodotte parecchie con pubblicazioni su molte riviste internazionali. Ma questo, purtroppo, non è servito a nulla e le occasioni, come spesso accade, non si presentano più volte nella vita.
Gli incontri “scontri” congressuali.
Ritengo che in questo frangente abbiamo smarrito gli orizzonti, non quelli della ricerca ma dell’obiettivo finale, ossia il tentativo di risolvere uno stato di malattia. E dietro ogni stato di salute persa ci sono anche innumerevoli sofferenze. Non penso, guardando indietro a quegli anni, che nei confronti congressuali tra medici specialisti questo concetto sia stato pienamente colto. Ricordo, infatti, il disinteresse dei più a quanto veniva presentato e dibattuto. Non confronto quindi, ma semplice scontro ideologico, portando avanti concetti opposti frutto di una semplice volontà: non prendere in considerazione nulla, negando persino l’evidenza dei dati statistici, solo perché contraria a un proprio credo. Nessun dialogo vero o confronto sincero sulla base di evidenze scientifiche, ma semplice accanimento barricandosi su posizioni contrarie. E questo ha fatto male alla CCSVI, alla ricerca e soprattutto alle speranze di tante persone.
L’inizio.
Nel 2009 l’amico Paolo Zamboni ha rilevato la presenza di importanti malformazioni a carico delle vene giugulari di pazienti con sclerosi multipla, una grave malattia cronica del sistema nervoso centrale. Le malformazioni riguardano le valvole normalmente presenti in questi vasi, con riscontro di alterazioni della loro forma, della posizione o del movimento dei lembi valvolari. Le vene giugulari possono inoltre essere più piccole del normale (ipoplasia) o come dimostrato in un nostro lavoro, avere una parete “debole” dalla nascita. In questo caso la semplice pressione esercitata sul vaso dai muscoli circostanti ne produce il collasso a riposo. In altri casi ancora un muscolo, un legamento o un tendine possono trovarsi in una posizione anomala e comprimere la vena sottostante. L’insieme di queste alterazioni, note come CCSVI o insufficienza venosa cronica cerebrospinale, compromette dunque lo scarico del sangue dal cervello al cuore.
La frequenza della CCSVI in letteratura.
Dopo questo primo studio altri ne sono stati condotti con risultati diametralmente opposti. Infatti, la prevalenza della insufficienza venosa cronica cerebrospinale varia dallo 0% al 100% nei pazienti con sclerosi multipla e dallo 0% al 36% nei controlli sani. Gli studi da noi eseguiti in quegli anni hanno evidenziato una percentuale di malformazioni significativamente più elevata nei soggetti con sclerosi multipla (89,8%) rispetto ai controlli normali (5,4%).
Gli effetti nel tempo delle malformazioni.
Anche in questo caso abbiamo solo ipotesi sostenute tuttavia da significative evidenze. Come chirurgo vascolare, occupandomi di “tubature”, posso sostenere che laddove uno scarico è ostacolato, come in presenza di malformazioni venose a livello del collo, si hanno col tempo sicure ripercussioni sulle zone che dipendono da questi vasi. In condizioni fisiologiche, infatti, abbiamo un sistema di “andata” (le arterie) che garantisce il supporto di ossigeno e sostanze nutritive di organi e tessuti. Ma anche un sistema parallelo di “ritorno” (le vene) che trasporta i prodotti del metabolismo tissutale verso gli organi di depurazione. Qualsiasi malfunzionamento del sistema di ritorno va quindi contro le naturali leggi della fisiologia e nel tempo un danno certamente lo produce.
L’infiammazione alla base dei danni cerebrali: l’ipotesi “ferro”.
L’effetto del ristagno cronico di sangue in sede cerebrale e midollare è dimostrato alla risonanza magnetica dalla presenza di depositi di ferro attorno ai piccoli vasi venosi. Un riscontro simile a quanto rilevato nelle ulcere di pazienti affetti da insufficienza venosa cronica degli arti inferiori. Accanto ai danni diretti, prodotti da sostanze in grado di scatenare localmente i fattori dell’infiammazione, abbiamo anche danni indiretti. Questi sono il risultato del sovraccarico nel tempo dei vasi venosi collaterali, per il blocco circolatorio lungo la vena principale malformata. Dopo una fase di iniziale compenso l’equilibrio viene dunque spezzato con comparsa di sintomi, diversi in funzione delle aree interessate.
L’angioplastica venosa nel trattamento della CCSVI.
L’intervento di dilatazione venosa (angioplastica) cerca per l’appunto di migliorare lo scarico nei punti di malformazione. Purtroppo abbiamo reclutato pazienti non rigorosamente selezionati, mancando un coordinamento centrale. Sono infatti stati trattati allo stesso modo soggetti che presentavano malformazioni differenti, con forme di sclerosi multipla diverse per durata e quadro clinico. Non vi è stato inoltre un accordo tra i vari centri sui protocolli di trattamento. Tutto ciò ovviamente ha portato a una inutile dispersione di risorse senza produrre dati significativi.
Lo studio Brave Dreams tra luci e ombre.
La ricerca condotta nel rispetto di criteri più selettivi (multicentrica randomizzata controllata), è tuttavia partita tardivamente tra enormi difficoltà, producendo i suoi dati dopo troppo tempo. I risultati inoltre sono stati fortemente ridimensionati sul piano statistico in quanto ottenuti su un campione limitato di soggetti. Ciononostante, possiamo affermare che il trattamento di angioplastica sembrerebbe contrastare la comparsa di nuove lesioni cerebrali e/o l’ingrandimento di quelle preesistenti. Sarebbe tuttavia caratterizzato da un elevato tasso di riocclusione delle vene trattate. Questo implica ovviamente una più attenta valutazione dei tipi di malformazione da sottoporre a trattamento.
E adesso?
Personalmente non oso fare alcuna previsione. Il calo di attenzione, soprattutto da parte dei pazienti, sembrerebbe mettere la parola fine ad un periodo di acceso fervore. L’impegno da noi profuso in questa vicenda è stato intenso, espressione più genuina di ciò in cui abbiamo profondamente creduto. Quello che infatti abbiamo visto nei pazienti con sclerosi multipla non l’abbiamo mai riscontrato con la stessa frequenza in individui sani. Questo lo posso affermare con certezza a fronte del nostro studio (caso/controllo) con il più alto numero di soggetti reclutati a livello mondiale. Perché la CCSVI possa in alcuni condurre ad uno stato di malattia e in altri decorrere senza produrre disturbi francamente non lo so. Molto probabilmente la risposta da sempre sta nella personale capacità di adattamento e reazione di ogni organismo all’azione negativa di fattori patogeni. Altro elemento, non meno importante, la durata nel tempo dell’azione di questi fattori.
L’importante è lottare per mantenere viva la speranza … sempre.
Solo impegno costante e amore per la professione medica, dagli anni della specializzazione presso l’Istituto di Chirurgia Vascolare e Angiologia dell’Università degli Studi di Milano, alle esperienze maturate in Italia e all’estero. La sintesi di questo vissuto oggi a Monza, mia città natale, dove affrontiamo, con tecniche mininvasive all’avanguardia, le innumerevoli problematiche correlate alle patologie vascolari, con particolare riguardo alla malattia venosa cronica, agli angiomi e al linfedema.