L’EcocolorDoppler dei tronchi sovraortici nella prevenzione dell’ictus.
Talvolta la prevenzione può essere fatta in pochi minuti.
Quando il sangue che ritorna al cuore attraverso le vene incontra difficoltà nel risalire, ci troviamo di fronte ad un quadro di insufficienza venosa. Il suo perdurare negli anni porterà inevitabilmente al peggioramento di tutti i disturbi associati (pesantezza, stanchezza, bruciori, crampi, gonfiore). Tale condizione è ereditaria, ritrovandola nel sesso femminile da uno a tre volte in più rispetto a quello maschile, comparendo spesso nel corso della prima gravidanza, ma scompensandosi definitivamente durante la seconda.
In pratica una minore robustezza della parete venosa, acquisita dalla nascita, che nel tempo porta alla dilatazione permanente dei vasi. La rapidità di questo peggioramento dipende innanzitutto dal grado di ereditarietà e dall’intervento di fattori d’aggravamento. Ad esempio, lo svuotamento delle vene degli arti inferiori avviene prevalentemente attraverso la compressione esercitata dai muscoli, durante il movimento. Questo aiuto diventa pertanto importante quando il vaso venoso tende a dilatarsi, perché indebolito nella sua parete. Per tali motivi il movimento e l’attività sportiva (anche se non tutte) migliorano i disturbi tipici dell’insufficienza venosa. La sedentarietà e il sovrappeso, all’opposto, ne favoriscono la comparsa o il rapido peggioramento. Allo stesso modo gli ormoni femminili (estrogeni) dilatando i vasi, indeboliscono ulteriormente la parete venosa, in quei soggetti ovviamente predisposti.
Il cedimento della parete può rappresentare il primo momento e la causa stessa della dilatazione venosa. Ma potrebbero sfiancarsi prima le piccole valvole, che orientano il movimento del sangue verso l’alto, impedendone la caduta per effetto della gravità. Indipendentemente da ciò la pressione venosa aumenta dapprima nei grossi vasi e in seguito in quelli piccoli, compromettendo i normali scambi con i tessuti. Si instaura così uno stato infiammatorio, con tendenza alla stabilizzazione, tipico della malattia venosa cronica.
Se non adeguatamente curata, pertanto, la malattia venosa cronica conduce alle complicanze più gravi: la trombosi (ovvero la chiusura del vaso) con possibile embolia polmonare e le ulcere. Altra temibile complicanza è il sanguinamento della vena malata per sua rottura accidentale, spesso anche spontanea. Nonostante il vistoso peggioramento esterno spesso viene sottovalutata la gravità dell’insufficienza venosa, per l’assenza di motivazioni “estetiche” e/o la scarsa sintomatologia locale. Infatti, grosse varici non sempre producono disturbi importanti. Laddove, quindi, le motivazioni “esteriori” non sono prioritarie, il paziente giunge all’osservazione con un quadro di grave malattia venosa, solo in occasione della prima seria complicanza. Questo ovviamente limita l’efficacia del trattamento e il recupero di funzionalità ormai perse per sempre.
Talvolta la prevenzione può essere fatta in pochi minuti.
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